Milan: il giocattolo si è rotto

E’ crisi vera quella che attanaglia la società Milan la cui aria all’interno di Via Aldo Rossi si sta facendo ora dopo ora più rarefatta, irrespirabile.

La sconfitta di ieri pomeriggio per 1-2 a San Siro per opera di un Genoa che non avrebbe dovuto impensierire più di tanto i rossoneri nè è la dimostrazione tangibile.

La squadra si scioglie come un gelato al sole, ma non è ancora estate ed i raggi non ancora così forti.

Siamo soltanto agli inizi di un vero e proprio terremoto che si scatenerà da qui a giugno per proseguire poi anche in estate dove siamo certi ne vedremo delle belle.

Ibra da solo serve a poco

Nel pomeriggio di ieri abbiamo assistito alla resa di Zlatan Ibrahimovic, l’unico rossonero a non avere mollato fino alla fine.

Sulle larghe spalle dello svedese un’intera squadra apparsa spaurita, nervosa e preoccupata al tempo stesso delle vicende societarie.

Ibra non è uomo da abbattersi per poco, ma ieri ha purtroppo capito che a 38 anni non ha più la forza di andare in guerra solo contro undici avversari.

Certe cose le sapeva fare da giovane, adesso ne esce sconfitto.

Ne è consapevole, da uomo intelligente di calcio quale è, pertanto difficilmente accetterà di rimanere in un club dove al momento paiono non arrivare le necessarie garanzia.

Oltre quelle economiche, anche tecniche.

Da un lato l’intenzione di gettarsi da un grattacielo per il bene del Milan, la squadra che più ama al mondo.

Ha anche la consapevolezza che questa volta cadendo si potrebbe fare molto male.

Il giocatore ha dimostrato di poter ancora giocare ai massimi livelli pertanto lo vorrà fare in un club che possa garantirgli altre cose.

Pioli ormai è solo

Non meritava questo, il tecnico rossonero Stefano Pioli è stato ingiustamente abbandonato dalla società.

E dire che non aveva fatto male, chiaro che il cammino di una squadra che lotta per lo scudetto è ben diverso – parliamoci chiaro.

Nel suo piccolo il tecnico parmigiano aveva saputo rimettere insieme i cocci della sciagurata gestione Gianpaolo.

Aveva ridato serenità e libertà ai fanciulli in rosa eccessivamente ingabbiati negli schemi del tecnico abruzzese che senz’altro erano ambiziosi.

Schemi esageratamente poco assimilabili in così poco tempo da ragazzi privi di esperienza, o quasi.

Da buon padre di famiglia Pioli ha saputo conquistarsi la fiducia di tutti e dobbiamo dargli atto che il gioco della squadra ne ha risentito in positivo.

Quindi perchè cambiare?

E soprattutto perchè farlo in questa maniera così indelicata?

L’ombra di Rangnick

Ralf Rangnick era stato contattato nel mese di dicembre da Ivan Gazidis.

Questa incomprensibile mossa  peraltro venuta fuori solamente una settimana fa durante l’ intervista di Boban alla Gazzetta dello Sport non ha fatto altro che creare altri disagi.

Boban, in conseguenza di questo, è stato licenziato per giusta causa e Pioli a questo punto è ben consapevole di avere scritta in fronte una data di scadenza.

Ben immaginiamo come poco gratificante lavorare con questa spada di Damocle.

Bisogna affidarci alla sua professionalità è l’unica speranza che al momento hanno i tifosi rossoneri.

Il progetto Elliott

Ed infine analizzando il progetto Elliott vengono fuori alcune lacune ed alcuni interrogativi le cui risposte diventano sempre più difficili.

Il progetto dell’attuale proprietà è puntare sui giovani (possibilmente under 23).

Attuare un’ ulteriore morsa sugli ingaggi per non superare i 2 milioni di euro.

Scelte difficili da capire soprattutto per un club che ha necessità di riemergere in tempi veloci ed una dirigenza che avrebbe necessità di vendere il brand Milan guadagnandoci.

Ricordiamo Elliott essere un fondo speculativo i cui profitti derivano appunto dalla compravendita di aziende vicine al fallimento, cosa che peraltro era il Milan.

Ma come si può pretendere di vendere un marchio svuotato del suo blasone, privo di top player?

Inoltre con una situazione di classifica di certo non ottimale?

Molti dubbi e molte incertezze non fanno altro che preoccupare i tifosi ed ovviamente i giocatori in campo che non conoscono il loro futuro.

Di conseguenza non riescono a giocare con la tranquillità che per loro non solo sarebbe necessaria, ma d’obbligo.