Nel momento in cui si apre un conto corrente all’estero si tende a pensare che le nostre informazioni siano al sicuro e ben lontane da tutti gli occhi indiscreti ma sappiate che non è affatto così e lo dimostra anche una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha dato la conferma sulla possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate italiana di utilizzare le informazioni bancarie comunicate dall’amministrazione finanziaria dall’estero.
I controlli sui conti correnti esteri si sono intensificati notevolmente al fine di riuscire a contrastare il fenomeno di elusione fiscale internazionale che sta diventando sempre più pesante per quanto riguarda le casse dello Stato Italiano. Dunque da tutto questo ne deriva il fatto che nemmeno un conto corrente estero è in grado di metterci al sicuro dai vari controlli. Per tale ragione bisogna assicurarsi di averlo dichiarato al Fisco, perché altrimenti si rischia delle sanzioni molto dure.
Oggi le attività di accertamento fiscale continuano ad essere completamente a pieno ritmo e comunque basta davvero poco per innescare un controllo. A tal proposito vi diciamo che è importante prestare molta attenzione perché l’accertamento può verificarsi anche senza la necessità di verificare la veridicità dei dati bancari e ancor di più, anche se c’è stato un reato commesso dal dipendente della banca estera.
Insomma, neanche il diritto alla riservatezza e alla segretezza dei vari dati bancari vi può salvare e la situazione può diventare piuttosto tragica. Si deve sapere che il Fisco italiano gode comunque di un potere accertativo “devastante”, potendo presumere che le disponibilità che sono contenute sul conto corrente “occulto” siano sempre frutto di evasione fiscale.
A questo si aggiunga ancora che se il conto corrente si trova in quei paesi definiti “a fiscalità privilegiata”, la legge autorizza l’Agenzia delle Entrate ad attivare un controllo diretto all’indietro di ben 8/10 anni. Il rischio concreto è quello di vedervi contestare l’evasione fiscale anche per quanto riguarda l’annualità che, fino a quel momento, si ritenevano “chiuse”, ovvero non più “accertabili” dal Fisco.