La 100 Lire Minerva è un taglio piccolo che è stato coniato nel periodo tra il 1990 e il 1992 ed oggi potrebbero anche raggiungere una quotazione di circa due euro, mentre quelle con le cifre 99 arrivano perfino a toccare una valutazione di 25 euro. La 100 Lire che è stata coniata nel periodo del 1991 modulo ridotto 99 potrebbero raggiungere una quotazione 15 euro.
E’ chiaro che la moneta che ha la testa piccola può avere una valutazione da parte di un collezionista interessato che può toccare anche i 180-200 euro. Le altre monete che hanno invece la testa più grande non sono monete rare ma sono del tutto normali e possono valere circa 2-3 euro.
Ma quali sono le 100 lire piccole che valgono di più?
Stiamo parlando delle monete da 100 Lire Minerva del 1954 in materiale Acmonital che presentano la scritta “prova”. Esse sono state distribuite quasi per sbaglio ed oggi vengono classificate come “Rare R3” essendo anche diventate un vero e proprio “tormentone” per tutti i collezionisti.
Il vero problema è che in giro ce ne sono davvero pochi pezzi ed è per questo che per i modelli che si trovano in perfetto stato di conservazione (il cosiddetto stato “fior di conio”), la quotazione può arrivare anche a toccare fino ai 200mila euro.
Sul lato del dritto la moneta presenta una testa di Italia coronata di alloro che guarda verso la sua sinistra e che presenta sotto le firme dei due autori: Romagnoli e Giampaoli INC. Attorno alla moneta poi si trova la scritta “REPVBBLICA ITALIANA”. Sul lato del verso, invece, si trova una raffigurazione della Dea Minerva che impugna una lancia con la sua mano sinistra mentre con la mano destra si allunga verso un albero di alloro.
Eppure nonostante tutto si tratta di una moneta che, ai tempi delle lire, non poteva essere neanche spesa perché, con quel “difetto di fabbrica”, doveva essere solo cestinata. Ad oggi, invece, quel “difetto” che la rende (quasi) unica è il cuore del cuore dell’attrazione per i collezionisti che da sempre sono disposti a pagare delle cifre astronomiche al fine assicurarsi le monete con gli “errori di conio”.